giovedì 10 maggio 2012
La rocca si specchia nel lago, e il lago vive anche nella rocca
"Andiamo su fino alla rocca?" mi chiede mio figlio, il più grande, mentre ancora stiamo passeggiando sul lungo lago di Passignano sul Trasimeno, io e mia moglie, mano nella mano, e con un occhio ai tre ragazzi che non si sporgano troppo. La loro età è bella perché ci stimola a mantenere la curiosità e ci spinge a cercare di andare sempre oltre, non solo con lo sguardo, ma anche con le domande e con la voglia di conoscere.
Già il lago per loro è una bella scoperta. Sembra il mare, che conoscono, ma non lo è. Seguono con lo sguardo l’andirivieni di battelli per l'Isola Maggiore, il saliscendi di turisti che approfittano di questi primi caldi per godersi una giornata di relax, un po’ come noi.
La rocca si avvicina piano piano mentre saliamo al centro di Passignano e ci lasciamo alle spalle il profumo del lago. Giunti alla rocca la nostra curiosità, o meglio quella dei nostri figli, è doppiamente premiata perché, a nostra insaputa qui da meno di due anni, ha trovato nuova sede una parte della collezione di barche del comune di Passignano sul Trasimeno.
A quest'ora ci sono pochi visitatori, non c’è più coda e un gentile signore ci accoglie come ci conoscesse da tempo e, non facciamo neanche in tempo a pagare il biglietto dell’ingresso, che già il custode Marco è all’interno ed i miei figli incollati a lui ascoltano tutte le spiegazioni.
Dentro la rocca hanno quindi ospitalità la barca alla pescatora del lago di Piediluco (una piccola ed elegante imbarcazione dalla forma rettangolare, dal fondo piatto, con fiancate strette e lunghe che terminano negli esili specchi di prua e poppa), una ricostruzione della Barca del Trasimeno (o meglio, una variante antica detta caravella piccola della barca in legno ancora in uso, che si distingue da quest'ultima per la prua a capitino, bassa e tronca) ed altri piccoli esemplari che nostro figlio più grande non finisce di fotografare.
Il signor Marco, gentile, riesce a contenere le domande e la vivacità dei nostri tre figli e ci conduce poi a visitare i pezzi più importanti del piccolo museo che sono indubbiamente i resti dei monòssili (scavati cioè in un unico tronco) rinvenuti lungo le rive del Trasimeno nel corso dei lavori di dragaggio. Si tratta di due imbarcazioni a sezione quadrangolare, in legno di quercia che grazie al carbonio-14 sono state datate intorno al tredicesimo secolo.
"Che cos'è quella?" domanda ancora Mauro, attratto da una curiosa imbarcazione dal nome il fassoi. Marco lo prende per mano e con lui anche gli altri fratelli si avvicinano a quella che sembra una imbarcazione in papiro degli antichi egizi ma in realtà viene dallo stagno di Cabras in Sardegna. È formata da fasci di vegetali (canne, papiro o erba palustre) tenuti assieme con delle corde. La barca è affiancata da un grazioso modello (realizzato nel 1974 da G. Piras di Cabras) che permette di cogliere più chiarimente l'andamento delle legature. "Può sembrare strano – ci dice Marco con voce solenne e professionale - ma questa caratteristica imbarcazione non è completamente caduta in disuso, ogni anno infatti, la prima domenica di agosto, si svolge in Sardegna a Santa Giusta la Regata de is fassonis."
"Ma come hanno fatto a portare qui le barche?" chiede il più piccolo. Marco, sorride con noi, e ci accompagna all'uscita in un perfetto e ben organizzato percorso ricco di pannelli informativi.
Il lago, la rocca, le barche, Marco: quattro elementi per una magia che ha coinvolto grandi e piccini. Due euro ben spesi per gli adulti e i ragazzi gratis: guardo mia moglie e conveniamo che davanti a simili musei e così gentili e preparati custodi, uno pagherebbe ben volentieri anche qualcosa in più.
Dal belvedere della rocca ci congediamo da Marco specchiandoci a distanza nel lago che lì sotto attende il nostro ritorno anche se, un po' di lago, lo abbiamo sentito anche nel cortile della rocca ed è la magia di questi posti a far si che sia tutto bello, tutto lago e tutto su una barca pronta a partire per il prossimo viaggio.
Giorgio Gibertini
Bravo omonimo!
RispondiEliminama il gorro non è più lì
RispondiEliminaDavvero ben scritto, sembra un articolo serio, si scorge lo zampino di chi non si può dire... La prossima veniamo tutti
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